Child of God
Fin troppo crudo, narrativamente efficace e tematicamente inquietante “Child of God” di James Franco, un regista-attore che ama rappresentare e scavare entro situazioni estreme che suggeriscono disagio e sgradevolezza nello spettatore. Ispirandosi all’omonimo romanzo del 1973 dello scrittore statunitense Cormac McCarthy (“Non è un paese per vecchi”, “The Road”) con protagonista un serial killer realmente esistito negli anni ’50, Franco propone la vicenda di un uomo psichicamente disturbato; rimasto orfano da bambino (la madre lo ha lasciato e il padre si è impiccato sotto i suoi occhi) è divenuto un reietto emarginato dalla comunità in cui vive nel Tennessee agricolo e montuoso. Di carattere aggressivo (porta sempre con sé il fucile) viene definito “un figlio di Dio, molto simile a te forse”. Gradatamente la sua solitudine e la sua incapacità di stare con gli altri lo porta ad una sorta di regressione primitiva, assassina delle ragazze, se le porta nelle caverne e violenta i loro cadaveri. Inseguito, cerca con ogni mezzo di sopravvivere riemergendo metaforicamente dalla terra. “La chiave del film sta nella proposta di qualcosa che è sia intenso sia guardabile” ha affermato il regista. Ma vincendo ogni ripulsa nel guardare anche agli aspetti più terribili della condizione umana. Straordinario il protagonista Scott Haze.
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